di Maria Romana Barraco
La Dieta mediterranea, patrimonio culturale e modello di salute riconosciuto a livello internazionale, è sempre più disattesa in Italia. Oggi solo il 43% della popolazione segue un’alimentazione riconducibile a questo schema, mentre quasi 6 italiani su 10 adottano diete di scarsa qualità nutrizionale. A lanciare l’allarme è il nuovo rapporto dell’OIPA – Osservatorio Insicurezza e Povertà Alimentare, presentato ieri a Roma, a Palazzo Ripetta.
Il volume, intitolato “Povertà e insicurezza alimentare in Italia. Dalla misurazione alle politiche”, mette in relazione povertà economica, difficoltà di accesso al cibo e peggioramento degli stili alimentari, con conseguenze dirette sulla salute. Nelle aree del Paese segnate da maggiore insicurezza alimentare si registra infatti un consumo più elevato di carne e alimenti ultra-processati, a scapito di frutta, verdura e prodotti freschi. La frattura è soprattutto generazionale. Se oltre la metà degli adulti tra i 55 e i 64 anni (53,1%) aderisce ancora al modello mediterraneo, la quota crolla tra i giovani: solo il 32,8% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni sceglie alimenti considerati sani. Ancora più marcato il dato sugli stili alimentari complessivi: il 61,9% degli italiani segue una dieta non conforme alla Dieta mediterranea e appena il 4,7% raggiunge un livello di adesione adeguato.
Cresce inoltre la diffusione del cosiddetto modello alimentare occidentale, caratterizzato da un alto consumo di carne e cibi ultra-processati: riguarda il 23% della popolazione, ma sale al 31% tra i giovani adulti. Un fenomeno che preoccupa gli esperti per il legame con l’aumento del rischio di obesità e obesità viscerale. Il rapporto evidenzia anche un paradosso sempre più diffuso: diete sufficienti dal punto di vista calorico, ma povere di qualità nutrizionale. Le conseguenze sono particolarmente evidenti tra i più piccoli. In Italia oltre un bambino su cinque convive con l’obesità, una percentuale che arriva a quasi uno su tre nelle aree con maggiori livelli di povertà e privazione.
Il tema ha rilevanti implicazioni sanitarie. In Europa le malattie croniche non trasmissibili sono responsabili di circa l’86% dei decessi complessivi, confermando il ruolo centrale della prevenzione alimentare per la sostenibilità dei sistemi sanitari. Alla presentazione del volume è intervenuto anche Maurizio Martina, Vice Direttore Generale della FAO, che ha sottolineato la necessità di una maggiore consapevolezza del fenomeno: «Questo libro offre tracce di lavoro preziose per declinare concretamente alcuni possibili interventi per migliorare la situazione. Una parte del problema sta nella scarsa comprensione della multidimensionalità della povertà alimentare e delle sue cause profonde, a partire dal legame tra redditi, diete e disponibilità alimentari». Il rapporto apre così un confronto pubblico sul ruolo delle politiche alimentari nella riduzione delle disuguaglianze e nella tutela della salute, indicando la necessità di interventi strutturali per riportare la Dieta mediterranea al centro delle abitudini degli italiani, a partire dalle nuove generazioni.